E’ finito il circo Barnun
elettorale e si può farne un primo bilancio abbastanza importante, che spazza
via un bel po’di luoghi comuni, tra cui quello che gli italiani sono un popolo
di immaturi che credono alle favole elettorali e particolarmente recidivi alle roboanti promesse del Cavaliere.
Niente di più sbagliato. Una larga
maggioranza, ben oltre la metà, degli italiani ha espresso il più alto
grado di maturità e consapevolezza, mai raggiunto in passato, perché ha capito
la lezione e quanto è accaduto da quando c’è la crisi e la posta in gioco in
queste elezioni, che segnano una svolta storica.
Non è un’opinione. Lo dicono i
numeri e il loro significato nel contesto della crisi sociale, ormai
quinquennale, più lunga e più grave di qualunque altra crisi in passato, della recessione diventata depressione
economica, dell’impoverimento economico, sociale e culturale del Paese.
Se non si valuta il risultato
elettorale e il suo chiaro significato impietoso alla luce del contesto
sociale, economico e culturale, con i
piedi per terra, si sragiona nel vuoto, si fa propaganda interessata.
Cominciamo col dire che su
46.906.343 aventi diritto al voto,
11.634.803 pari al 25 per cento,un italiano su quattro, non ha votato,
cioè i cittadini Contro l’attuale sistema dei partiti, in toto, rappresentano
il primo “partito” in assoluto, con più voti sia del Centrosinistra (10.047.607
voti), che del Centrodestra ( 9.923100 voti). Vi sono inoltre quasi 1.267.000 tra
schede nulle o bianche, pari al 3,6 per cento circa, da sommare al voto Contro,
quello del rifiuto.
I cittadini italiani Contro e
quelli del voto di protesta a Grillo, sono larga maggioranza alla Camera e al Senato,
segno che rappresentano cittadini di tutte le età, dai pensionati ai giovani ,
con ampia prevalenza dei giovani, la cui maggioranza sono studenti e/o
lavoratori precari e/o disoccupati.
E’ l’insieme di questi due voti che fa assumere un nuovo significato a entrambi.
Il rifiuto del voto, l’astensione di per se, anche se in entità minore e
crescente, c’è sempre stato e da solo poteva esprimere anche disinteresse
qualunquista , mentre ora diventato maggioritario,unito al voto di protesta,
rifiuto qualunquista non è più e, nella crisi, assume viceversa un connotato di
classe di coloro che la pagano per tutti gli altri; che sono contro e protestano,
anche se non esprimono ancora un programma politico di classe.
Il voto di protesta di per se , non
va oltre la denuncia dei privilegi della casta politica,di cui tutti,a
cominciare dal PD, dicono di volere tagliare il numero e i privilegi, a parole,
sapendo bene di non avere la maggioranza per farlo, per cui è come con le
promesse di Berlusconi o di Monti. Non mantenute e non mantenibili. La protesta
non è espressione di un programma politico, né tanto meno ha connotati di
classe, perché può avere molte motivazioni, anche contrapposte; da sola può
esprimere il qualunquismo del vaffanculo, che nella forma non democratica guidata da un capopopolo, ha connotati pericolosi
e può portare a sbocchi imprevedibili. Anche Bossi è stato un capopopolo, pure
Berlusconi lo è, per non andare indietro fino al Duce. Questa involuzione del
voto di protesta, oggi è preclusa dal voto Contro e dal suo significato.
Delle motivazioni del voto di
protesta a Grillo sono comunque condivisibili quelle espresse anche dal
Movimento, a partire dal taglio drastico dei costi della politica, del numero
dei Parlamentari e assessori regionali, dei loro stipendi, dei vitalizi e dei loro privilegi ed altro. Non è
viceversa assolutamente condivisibile il ruolo antidemocratico da
capopopolo e padre padrone di Grillo. In
altri termini agli elettori del movimento 5 stelle resta l’opzione di confluire
nelle liste che esprimerà il Movimento col suo programma.
Il significato inequivocabile di
questo “partito” di maggioranza di
cittadini Contro, in primo luogo rappresenta l’assoluta sfiducia e il rifiuto dell’attuale
casta politica, economica e finanziaria, cioè di una classe dirigente incapace
e vorace e del malgoverno di partiti, gonfi di privilegi, tutti, dall’estrema
destra all’estrema sinistra, che non vi hanno mai rinunciato.
Non ha connotati ideologici di
sorta, che viceversa rifiuta. Si esprime infatti al di fuori e rifiuta tutte le ideologie presenti in campo;
in primo luogo l’ideologia neofascista dell’estrema destra; seguita da quella xenofoba
e razzista leghista e populista del berlusconismo;quella fondamentalista
cattolica e neoliberista del centro; quella del compromesso storico con l’ex DC
e della subordinazione al neoliberismo, espresso dal sostegno al governo Monti.
Sfiducia e rifiuti questi ultimi maturati già col governo Berlusconi con le sue
leggi ad personam e antipopolari, a favore degli evasori. E resi irreversibili
dal governo Monti espresso dalle banche e da chi l’ha sostenuto in Parlamento.
Infine si esprime al di fuori e
rifiuta l’ideologia comunista, crollata col muro di Berlino, ma già posta
radicalmente in discussione e in soffitta nel 1975 dai “ragazzi che volevano
fare la rivoluzione”, sconfitti assieme alla classe operaia della grande
fabbrica fordista, Gasparazzo.
Si tratta quindi del “partito” di
maggioranza dei Cittadini Contro, che sfiduciano e rifiutano l’attuale classe dirigente
politica, economica e finanziaria, per le scelte economiche neoliberiste di
austerità fatte, che hanno aggravato la crisi e la recessione economica ,
giunta a livelli mai visti nei Paesi della fascia mediterranea,in primis nel
nostro Paese, per l’entità della disoccupazione , della precarietà del lavoro e
della vita, di cui i potenti vogliono ipotecare persino il futuro. I governi di
Berlusconi e di Monti, hanno prima portato il Pese sull’orlo del baratro
negando la crisi e poi hanno aggravato il debito pubblico, senza alcun segnale di uscita dal tunnel , né
di una possibile crescita economica, per la quale la classe dirigente
imprenditoriale ha distrutto o venduto all’estero le grandi imprese high tech
necessarie per l’innovazione tecnologica, per cui, ora,mancano le condizioni strutturali
nel nostro Paese per competere nella globalizzazzione.
Una crisi fatta pagare
interamente ea chi paga le tasse per tutti, lasciando inalterate l’evasione e
la corruzione, di cui il nostro Paese ha il triste primato, diventato anomalia
in Europa, come per quello dell’economia delle mafie, la prima azienda con 150
miliardi di euro di fatturato.
Vengono smascheratì il ruolo dei sondaggi e
dell’informazione radiotelevisiva, clamorosamente sbagliati sull’astensione e
su Grillo, rivelando che non sono altro che propaganda e un mezzo di
condizionamento di massa, fatti per orientare il voto
Il calo dei votanti è stato del 5
per cento rispetto alle politiche del 2008, di per se poco significativo e in
atto da diverse tornate elettorali; il suo significato dirompente si capisce
appieno se abbinato al voto di protesta
Viene meno in primo luogo il
timore di un’affermazione della destra, come sbocco politico della crisi, come
accaduto col fascismo, poi col nazismo; scaccia questi fantasmi del passato;
indietro non si torna. Infine viene rifiutata l’ideologia recessiva
neoliberista, affermatasi con l’austerità, dopo la crisi energetica del 1973 e
le successive fino al 2008. Questo è il dato più denso di significato, perché
mette in discussione il capitalismo neoliberista e le sue ricette, subentrate
al Keynesismo.Un dato di portata storica che dice che occorre cambiare
radicalmente l’attuale sistema finanziario,economico e politico.
Non è una mia opinione. Lo dicono
i numeri e il confronto con le elezioni del 2008 alla Camera
Il Centrodestra perde il 17,8 per
cento dei propri voti, più del Centrosinistra che ne perde il 9 per cento.
L’estrema destra, fascista
nostalgica e squadrista, perde il 60 per cento dei propri voti, passa da
1.100.000 circa a 400.000 voti, perdendone circa 700.000;
La Lega Nord, con le sue minacce
di secessione e il suo xenofobismo razzista, ne perde 1.634.387 il 54 per
cento, oltre la metà.
Il PdL ne perde in assoluto più
di tutti, 6.297.343, il 53,7 per cento, nonostante l’onnipresente Berlusconi
con le sue mirabolanti promesse, su tutte le reti, Rai e Santoro compresi; non
prende i voti dei siciliani a cui ha ripromesso il ponte sullo Stretto, né
quelli dei giovani a cui ha promesso 4 milioni di posti di lavoro, né quelli
del ceto medio a cui ha promesso la cancellazione dell’Imu, l’unica tassa sul
patrimonio immobiliare non evadibile, perché gli immobili si vedono, ancorché
iniqua sulla prima casa non di lusso.
Il Cavaliere perde più della metà
dei suoi voti, è il principale sconfitto. Ma nella sconfitta, non per la sua
forza ma per la debolezza altrui, raggiunge l’obiettivo che si era prefisso :
rendere ingovernabile il Paese con un governo in cui il PdL non sia presente,
col suo potere di veto e di condizionamento, come successo col governo Monti,
che infatti ha continuato la politica economica antipopolare del suo
predecessore. A lui sta bene che il Paese sia ingovernabile, <<senza di
me non si governa>> e non conta niente il prezzo che il Paese pagherà
per questo, perché è un prezzo che non
pagherà lui.
Il Centrosinistra perde 4.432.000
voti, pari al 28,4 per cento; di questi il PD ne perde 3.452.606, quasi un
terzo dei propri voti. Paga così il rifiuto di andare all’elezioni dopo le
dimissioni di Berlusconi, come imponeva la Costituzione, inosservata da
Napolitano che doveva esserne il garante; paga suo sostegno a scatola chiusa,
al governo delle banche, responsabili della crisi e di Monti , il loro uomo; paga
la sua subalternità alle scelte neoliberiste, recessive, profondamente antidemocratiche,
di aumento delle disuguaglianze, di impoverimento della popolazione che paga la crisi e l’arricchimento dei
ricchi potenti. Dice di farlo“ per il bene del Paese” “ per evitare la
bancarotta” .
Menzogne perché il bene del Paese non l’ha fatto
e la bancarotta era uno spauracchio, dato che l’Europa non poteva permettere la
bancarotta del Paese con la terza economia per entità, per non decretare la
propria fine. Stavolta il mancato successo e il calo dei voti non lo può
attribuire ad altri che a se stesso
Monti e Casini, cioè il potere
delle banche e della Chiesa fondamentalista e conservatric , ottengono
3.591.560 voti, pari al 10,6 per cento; UDC perde 600.000 voti; nonostante la
scesa in campo di Montezemolo e l’appoggio esplicito di Mr Marchionne a Monti.
Lui aveva dichiarato all’Europa di avere il consenso degli italiani alle sue
misure economiche. Falso; la lista per Monti, ottiene solo quasi 2.824.000 voti
, nonostante la grancassa masmediatica , in cui sembrava che lui e il
Cavaliere, fossero i due principali esponenti in lizza.
Monti si era impegnato a ridurre
il debito pubblico, che invece era salito, in meno di un anno da 1900 miliardi
a 2014 miliardi; a riportare lo spread a livelli fisiologici e invece ha
continuato il suo percorso sulle montagne russe, sopra quota 300; a fare
ripartire la crescita che invece non c’è e la recessione si è aggravata ed è
diventata depressione; il tutto grazie alle sue misure neolibereiste recessive
che hanno aumentato le disuguaglianze.Non ha raggiunto gli obiettivi ufficiali
dichiarati di riduzione del debito e della crescita; le critiche rivoltegli da Berlusconi erano
vere, solo che venivano dal pulpito sbagliato, che aveva portato il paese
sull’orlo del baratro.
Con Monti viene sconfitto
l’ambizioso progetto che ci stava dietro, di saldatura tra il potere delle
banche, dei grandi industriali e della Chiesa più reazionaria, sconfitta nella
battaglia contro la modernità, travolta dagli scandali della pedofilia, e non
ancora del tutto pulita per la politica dello IOR
Quello che doveva essere un “
grande centro” resta un centrino, che deve dire addio alle sue ambizioni di
classe dirigente e di ago della bilancia in politica.
La sinistra radicale, che si rifà
all’ideologia comunista, liquidata dalla storia con le macerie del muro di
Berlino, per la seconda volta non ottiene il quorum per entrare in Parlamento,
tranne la piccola pattuglia di Sinistra Ecologia e Libertà, che ha avuto
l’intelligenza di non qualificarsi come comunista. SEL che rappresenta anche i
Verdi oltre a una parte dei voti comunisti, prende 1.090.802 voti e entra in
Parlamento.
Se si sommano i voti di
Rifondazione Comunista e dei verdi del 2006 e dell’IDV di Di Pietro nel 2008 si
ha un totale di 4.607.488, a fronte dei quali SEL e Rivoluzione civile ne
prendono 1.855.876, con una perdita complessiva di 2.751.612 voti, cioè circa
il 50 per cento.
La sinistra sinistra o radicale
che dir si voglia, non perde il vizio di frammentarsi e frantumarsi e la
componente neocomunista non entra in Parlamento per la seconda volta.
E’ una sconfitta definitiva e ribadita dunque, che ratifica la sua
liquidazione, che impone una presa
d’atto senza se e senza ma, che potrà liberare dagli steccati ideologici e
talvolta settari, di importanti energie per il Movimento, per la sua crescita,
diffusione e sviluppo, perché si tratta di compagni militanti in prima fila
nell’imppegno nel sociale.
L’unione a fini solo elettorali dell’elettorato potenziale di Di
Pietro, De Magistris e Ingroia e quello
degli ex di Rifondazione Comunista e di Diliberto è risultato un fallimento
totale,innanzi tutto perchè si trattava di due elettorati diversi e nei fatti
inconciliabili sotto troppi profili.
La presenza della Fiom, non
poteva garantire di per se, il voto degli operai delle grandi fabbriche, il cui
peso elettorale è numericamente diventato meno importante e con un ruolo
ridotto, a seguito della scomparsa di buona parte delle grandi fabbriche e
della ristrutturazione, robotizzazione, esternalizzazione ecc ecc , se non si salda
con quello degli operai delle fabbriche piccole e medie, dove l’art.18 non
esiste e al di là di steccati di categoria sindacale, e in particolare ai
problemi dei lavoratori precari giovani e non in tutti gli altri comparti
lavorativi e ai disoccupati.
Alla Fiom resta aperta la
possibilità di una sua evoluzione politica nell’ambito del Movimento, oltre la
sua logica di categoria sindacale, per rappresentare gli operai e i
lavoratori di tutte le fabbriche di
tutti i settori produttivi, agricoli, della distribuzione, dei servizi,
pubblici e privati e in particolare i lavoratori precari e i loro diritti; si
tratta do dare vita ad un nuovo soggetto sindacale-politico, componente
fondamentale del Movimento
Occorre andare oltre la logica
solo sindacale e guardare ai problemi dei cittadini che pagano la crisi, ai
problemi del Paese e di chi lo dovrà dirigere.
Per l’ingovernabilità che ne
consegue, la casta politica, imprenditoriale, economica e finanziaria, deve
ringraziare se stessa, che ha gestito il Paese e ha portato a questa
situazione, che ha determinato per reazione il non voto Contro e quello di
protesta come conseguenza e come primo
passo per una alternativa, che non può che iniziare dal rifiuto del presente,
dalla sua liquidazione politica di classe dirigente..
Ingovernabilità che avrà un pesante costo economico, con la
ripresa della speculazione e la guerra del dollaro contro l’euro di un Europa,
che nonostante sia al primo posto come economia, un gigante economico e
tecnologico, è un nano politico , guidato dalla troika della Bce, FMI e Banca
mondiale, e da governi di centro destra con politiche neoliberiste e dalla
locomotiva tedesca; ingabbiato nei vincoli del trattato di Maastrict e
subordinato all’egemonia dei petrodollari.
Non so quali conigli dal cappello
possano tirare fuori i partiti né cosa potrà fare un governo ostaggio dei veti
incrociati, comunque a termine; sicuramente non ci potrà portare fuori dalla
crisi, né innescherà una crescita, non
cambierà il meccanismo elettorale, né liquiderà i privilegi e il potere delle
caste.
Il Quirinale deve tenere presente
il risultato elettorale e il suo significato, se stavolta vuole rispettare la
Costituzione; non tenerne conto equivarrebbe ad un colpo di stato. Non sono
quindi proponibili inciuci tra partiti che hanno chiesto e ottenuto voti, per
motivazioni contrapposte, salvo tradire il mandato ricevuto. Una “grande
coalizione” PD,PDL,Monti, sarebbe sotto questo profilo incostituzionale; una
che veda assieme PD, Monti e M5S è improponibile per i veti incrociati ; resta
la possibilità di un governo PD e M5S, qualora Bersani accetti le richieste
fondamentali di Grillo, che , a parole, ha detto di condividere. Sarebbe il
male minore e potrebbe fare una riforma elettorale per nuove elezioni.
Le pressioni per una riedizione
di un governo di larghe intese sono enormi; in questo caso,all’orizzonte si
profila una nuova manovra economica, di nuovo “ per il bene del Paese, per
evitare la bancarotta”. Un film già visto. Un brutto film di zombies che
sopravvivono alla loro morte, alla guida di un Paese allo sbando.
Dipenderà quindi da noi.
Il rifiuto del voto esprime il
voto del rifiuto, il voto Contro questo tipo di società e dell’intera sua
classe dirigente, politica, economica, finanziaria:
Il primato del voto Contro e di
protesta ratifica gli attuali rapporti di forza elettorali, con la forza dei
numeri, ma non è una vittoria perché non è una soluzione dei nostri problemi;
non ha potere decisionale sulle scelte da fare e sugli obiettivi da perseguire.
In altri termini non governa e
lascia che altri lo facciano; se non saranno capaci di farlo, per i veti
incrociati, per i compromessi indicibili che impediranno soluzioni positive
alla crisi, il nostro Paese sarà oggetto di una speculazione feroce, il cui
prezzo lo pagheranno i soliti,quelli che hanno sempre pagato.
Da però un’indicazione chiara,
dice che occorre ripartire da capo, pone all’ordine del giorno, la necessità
assoluta di costruire un’ alternativa, libera dai vincoli
ideologici vecchi e nuovi , che resta dunque tutta da individuare e
concretizzare, a partire da dove è arrivato il Movimento con la mobilitazione e
le lotte di questi anni.
Il risultato sul piano elettorale
dei cittadini Contro e col voto di protesta, ottenuto dal Movimento con la
mobilitazione e le lotte di questi anni, non è da poco. Era necessario dire NO
al voto-delega in bianco e all’attuale sistema politico, economico,
imprenditoriale, finanziario, in altri termini all’attuale classe dirigente. E
da qui si riparte.
Il Movimento, nelle sue
articolazioni non è riuscito ancora ad andare oltre il rifiuto, oltre il voto
Contro, per approdare al voto Per, cioè esprimere un Programma Politico Apartitico Unitario
dei Cittadini, fatto di obiettivi generali e concreti, che affrontino l’intera
condizione dei cittadini che stanno pagando la crisi; il superamento della
precarietà; il rifiuto di pagare la crisi facendola pagare a chi non ha mai
pagato; una via d’uscita dal ricatto del debito sovrano; la liquidazione delle
caste politiche, economiche e finanziarie e della loro corruzione, con l’abolizione
retroattiva dei loro privilegi che, con
le banche, ci hanno portato a questa
situazione; il recupero totale dell’evasione e dei soldi delle mafie ed altro
ancora.
Il rifiuto del voto ha posto
all’ordine del giorno il rifiuto di questo tipo di società e dell’intera sua
classe dirigente, politica, economica, finanziaria.
Non compete a loro cambiare
radicalmente lo stato delle cose, perché ne sono incapaci, quello attuale lo
hanno determinato e gestito loro e gli sta bene così.
Spetta ad altri. Spetta a
tutti noi . Non vi sono alternative. Non sprechiamo il tempo che ci resta. Non
ce n’è molto. Settimane? Pochi mesi? Non di più
Benvenute alle iniziative per
mettere all’ordine del giorno le linee per un coordinamento nazionale di tutte
le realtà del Movimento, per definire le linee fondamentali di un Programma
Politico Apartitico Unitario dei Cittadini e del che fare. Da subito
Nel mio libro UNA SPIA DA UN
MILIONE DI DOLLARI in vendita on line sui siti ilmiolibro.it, lafeltrinelli.it
e nelle librerie La Feltrinelli, ho riportato una mia proposta fatta a Pisa un
anno fa, senza esito, di Programma Politico
Apartitico Unitario dei Cittadini; sicuramente da migliorare e
soprattutto integrare. A cominciare dalla revisione della supremazia del
dollaro emersa da Bretton Wood e nelle crisi energetiche, dalle quali i
petrodollari diventano l’unica moneta di scambio internazionale, ai trattati di
Maastrict fino alla Bce che può prestare soldi solo alle banche private ma non
agli Stati.
Entro infine nel merito del Che
fare? Dare la parola ai cittadini, attraverso la raccolta di milioni di firme,
tanto per cominciare
NOI LA CRISI NON LA
PAGHIAMO
PAGHI LA CRISI CHI NON HA MAI PAGATO
SE NON ORA QUANDO? ADESSO!
Antonio Marraccini