domenica 24 marzo 2013

QUALE GOVERNO E QUALE FUTURO PER IL PAESE?


Nella mia analisi del voto, mettevo in evidenza l’entità assolutamente maggioritaria del “partito” del rifiuto del voto, espresso da oltre 11 milioni di cittadini, di più sia di quelli del centrosinistra che di quelli del centrodestra. Un voto “contro” l’intero arco dei partiti scesi in campo, dall’estrema destra all’estrema sinistra; contro quindi la casta politica e quella dirigente, cioè politica, economica, finanziaria e padronale. A questo rifiuto che di fatto è un voto contro, hanno contribuito molto le diverse componenti del Movimento, e in particolare i giovani di Occupy Wall Street degli Indignados, dei No Tav e tutte le realtà in mobilitazione e in lotta per la difesa del posto di lavoro, dei diritti sindacali messi in discussione, gli esodati e i pensionati e i generale della popolazione che ha pagato i costi della crisi. Questo non significa che sia espressione solo della sinistra, né tanto meno che abbia connotazioni ideologiche.
E’ più corretto parlare di una volontà di cambiamento radicale, a cominciare dall’abolizione dei privilegi della casta politica, per continuare con la messa in discussione delle misure economiche neoliberiste che hanno aggravato la crisi, facendola pagare ai soliti che pagano le tasse per tutti, aumentato la disoccupazione, impoverito l’istruzione pubblica e i Servizi Sociali, esteso la precarietà del lavoro e della vita anche ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato, abolito diritti sindacali, ipotecato il futuro dei giovani e dello stesso Paese, di cui hanno impedito qualunque crescita     
A questo si aggiunge il voto di protesta del M5S di Grillo, autentica “sorpresa” per tutti i politologi, i mezzi di comunicazione e i sondaggi, tutti clamorosamente sbagliati, a conferma della  incapacità di capire la realtà sociale del Paese dei primi, del  ruolo di disinformazione, di mistificazione e di propaganda dei secondi e infine di orientamento del voto degli ultimi.
Il M5S è una realtà composita, con i connotati qualunquistici del vaffanculo, ma che pone al suo centro la liquidazione dei privilegi della casta politica e su questo obiettivo si incontra col rifiuto del voto. Sono aspetti complementari di una realtà sociale vasta, variegata e diversificata.
I cittadini del rifiuto del voto e quelli del voto di protesta,assieme sono maggioranza assoluta.
Tutti i partiti hanno perso complessivamente ben oltre 10 milioni di voti e Monti ha fatto un flop, nonostante le sue dichiarazioni all’Europa, di avere il consenso elettorale degli italiani.
Dal voto sono usciti sconfitti pesantemente i rigurgiti neofascisti; lo xenofobismo secessionista e il razzismo leghista; le ambizioni populiste e autoritarie berlusconiane, con tutte le sue mirabolanti promesse; il tentativo di creare un “grande “centro, rimasto un centrino saldando il voto clericale fondamentalista, cioè la Chiesa,e quello  imprenditoriale e finanziario, con la discesa in campo di Montezemolo, di Marchionne ,Monti e delle banche; la subordinazione alle politiche neoliberiste recessive e antipopolari del PD; le nostalgie ideologiche neocomuniste, nella disastrosa alleanza con IDV, i cui reciproci elettori sono sempre stati estranei tra loro; una pattuglia di SEL resta presente in Parlamento a testimoniare una nuova sinistra ecologista e per nuovi diritti.
Al PD compete l’incarico delle consultazioni per formare un nuovo governo, che tenga presente la volontà espressa dalla maggioranza degli aventi diritto al voto che si sono espressi col rifiuto del voto e dei votanti che hanno espresso un voto di protesta; tutti per un rinnovamento radicale.
Non vi sono alternative, se si vuole rispettare questa volontà maggioritaria, se non si vuole che ancora una volta il voto sia una delega in bianco.
Bersani, nei suoi otto punti, si è dichiarato pubblicamente concorde  con le principali richieste del M5S, relative al taglio dei privilegi dei parlamentari, al dimezzamento del loro numero, ad un tetto di 5.000 euro per i loro emolumenti e per i funzionari pubblici, per la riforma elettorale e la ineleggibilità dei condannati in primo grado, ed altro; l’unico punto di dissenso sembra essere l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che non dovrebbe essere un ostacolo insormontabile; si potrebbe abbinare ad un tetto per le spese delle campagne elettorali, per permettere anche ai partiti minori di poter partecipare alle elezioni, non riservate così solo ai ricchi potenti. Se questo dovesse risultare un dissenso insuperabile per Bersani, sarebbe la classica foglia di fico.
Sia chiaro, noi non sappiamo cosa accade dietro le quinte, dove si svolgono le trattative vere.
Chiunque faccia fallire questa soluzione , si assumerebbe una grave responsabilità di fronte al Paese.
I chiunque sono i tre attori principali.
A Bersani compete l’incarico di formare un governo, la nomina dei ministri , la presentazione in Parlamento e la definizione di un programma con gli obiettivi di governo.
Bersani deve presentare un programma, coerente con le sue dichiarazioni programmatiche,  che ponga come prioritari , i punti comuni col M5S, in un primo decreto su cui chiedere la fiducia. Se non lo fa perde la faccia e dice a tutti che le sue erano solo promesse elettorali e segna la sua fine politica. Se lo fa avrebbe l’effetto di fare scoprire le carte al M5S, perché se ottiene la fiducia, il governo va avanti ed è una vittoria di entrambi e per tutti coloro che vogliono il cambiamento; se il M5S non vota la fiducia, si scopre il suo bluff, la sua irresponsabilità di fronte al Paese e Grillo si rivela essere solo un politicante capopopolo, un demagogo, un padre padrone del M5S e un irresponsabile, pericoloso per il futuro stesso della democrazia. Segnerebbe la sua fine politica
Chiunque comprende infine anche l’inquilino del Colle,Napolitano, che attualmente si oppone a questa soluzione e fa pressione sul PD per soluzioni diverse; dà un incarico a Bersani “condizionato” nel senso che vuole un governo di larghe intese, con maggioranza anche al Senato, per cui Bersani tenta  un accordo con la Lega e Monti, per avere la maggioranza al anche al Senato , senonchè Berlusconi pone le sue condizioni: che non si parli più della sua ineleggibilità, cioè vuole un salvacondotto per le sue condanne, e che lui indichi un candidato di centrodestra per il Quirinale. A queste condizioni il PDL si asterrebbe dal voto
Ora tutti capiscono che si è di fronte ad una soluzione pasticciata per dare vita ad un governo estremamente fragile, ostaggio del centrodestra e che non potrebbe attuare nessuno degli otto punti dichiarati da Bersani, né rimettere in discussione nessun provvedimento di legge fatto sotto il governo Monti, neppure la legge del coccodrillo che piange per i sacrifici chiesti agli italiani, né le leggi “ad personam” di Berlusconi. Saremmo di fronte ad un governo “del Presidente”, perché di fatto lo impone il Colle,  che continuerebbe le politiche economiche di Berlusconi e di Monti  
E’ una soluzione politicamente improponibile e impercorribile, che comporterebbe il tradimento della volontà espressa a larga maggioranza dai cittadini aventi diritto al voto, che hanno espresso col  rifiuto del voto, e col  voto di protesta, una richiesta esplicita e ineludibile di cambiamento radicale e infine anche di quelli che hanno votato partiti del centrosinistra e del centrodestra, in netta contrapposizione tra loro, in una campagna elettorale arrivata agli insulti personali.
Il voto resterebbe così una delega in bianco, dato a partiti che fanno poi quello che vogliono 
Dopo aver ignorato il suo ruolo di Garante della Costituzione, affidando l’incarico a Monti, senza elezioni, il non rispetto del voto popolare, che è il pilastro della democrazia, equivarrebbe al tradimento della volontà popolare e a un colpo di Stato. La democrazia non esisterebbe più nel nostro Paese neppure formalmente, dopo essere stata messa in mora da Napoletano e tradita nella sostansa da quando esiste, con la mancata attuazione della Costituzione.
L’inquilino del colle prima di andarsene, dunque faccia un passo indietro, per il bene del Paese.
Altrimenti si aprirà una fase molto critica per il Paese, non solo per lo scatenarsi della speculazione e per l’aggravamento della crisi economica, ma per lo stesso futuro democratico del nostro Paese, con sbocchi che potrebbero essere anche autoritari.
Sbocchi autoritari dopo le crisi, hanno fatto tragicamente storia, con Mussolini, con Hitler, con Pinochet e l’elenco potrebbe continuare con Eltsin, con i torturatori argentini e tutti quei governi autoritari che hanno imposto le ricette del neoliberismo, incompatibile con la piena democrazia.

Le componenti del Movimento che in questi anni si sono mobilitate e hanno lottato per obiettivi e proposte specifiche e settoriali, hanno espresso il loro rifiuto del voto, contro l’attuale casta politica, economica, finanziaria e padronale.
Occorre andare oltre perché col rifiuto del voto non si governa e neppure col voto di protesta.
Occorre guardare con molta attenzione a quanto accade a livello istituzionale; vigilare e se necessario mobilitarsi e scendere in piazza, per ribadire la nostra volontà di cambiamenti radicali, a cominciare dalla politica e in primo luogo della politica economica per uscire dalla crisi, facendola pagare a chi non ha mai pagato
Occorre soprattutto dare la parola al popolo dell’astensione e della protesta, raccogliendo milioni di firme su un Programma Politico Apartitico Unitario dei Cittadini, centrato su obiettivi e proposte generali e concrete, per la tutela del bene comune, per la ripresa della democrazia partecipativa.

                                NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO

                                PAGHI CHI NON HA MAI PAGATO

                                SE NON ORA QUANDO? ADESSO !

La lotta continua 


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