lunedì 26 novembre 2012

LA CRISI DEI SUBPRIME IN USA

                                                   L’INIZIO DELLA CRISI
La crisi dei subprime non è soltanto una crisi finanziaria : segna anche il fallimento del programma politico neoliberista e del modo di governo fondato sull’impresa e l’individualismo proprietario e patrimoniale.
Nella sua genealogia e sviluppo, la crisi dei subprime mostra il funzionamento di un blocco di potere in cui l’economia <<reale>> e la <<speculazione>> finanziaria sono indivisibili. Mentre l’economia << reale>> impoverisce i governati in quanto <<salariati>> ( blocco dei salari, precarietà ecc) e in quanto detentori di diritti sociali ( riduzione ei sostegni al reddito, diminuzione dei servizi pubblici, dei sussidi di disoccupazione, delle borse di studio per gli studenti ecc), la finanza promette di arricchirli con il credito e l’azionariato.
Nessun aumento di salari diretti o indiretti ( pensioni), ma crediti al consumo e spinta alla rendita finanziaria (fondi pensione, assicurazioni private); nessun diritto all’alloggio, ma prestiti immobiliari; nessun diritto alla secolarizzazione, ma prestiti per pagare gli studi; nessuna garanzia sociale contro i rischi ( disoccupazione, sanità, pensione), ma investimenti nelle assicurazioni individuali.
Se come utenti da un lato devono guadagnare e spendere il meno possibile, dall’altro come consumatori devono spendere il più possibile per smaltire la produzione. Ma nel capitalismo contemporaneo utente e consumatore coincidono. La finanza pretende di governare questo paradosso tramite i crediti subprime : ridistribuire redditi, tagliando senza intaccare i profitti, riducendo le imposte ( soprattutto ai ricchi e alle imprese), tagliando salari e spese sociali. In questa situazione per arricchire tutti non resta altro che il ricorso al credito : <<hai un salario basso, non c’è problema! Indebitati per comprare una casa, il suo valore aumenterà e ti garantirà altri prestiti>>. Ma non appena i tassi di interesse aumentano, questo meccanismo di <<distribuzione>> dei redditi attraverso il debito e la finanza, crolla.
L’esplosione del mercato immobiliare e del credito facile sono stati due modi per tranquillizzare i lavoratori e la classe media e per farli aderire al programma neoliberista, poi hanno capito che era una strategia di Wall Stret per sottrargli fino all’ultimo dollaro di patrimonio. Ma ormai era troppo tardi, perché la casa era la loro ultima risorsa patrimoniale in caso di necessità. Una casa ipotecata che non hanno più.
La logica del debito/credito è una logica politica di governo delle classi sociali all’interno della globalizzazione e la gestione dei subprime lo dimostra .
Negli USA con la crisi dei subprime nasce l’attuale crisi finanziaria ed è negli USA , epicentro della crisi e culla del neoliberismo, che le politiche neoconservatrici rischiano riandare al fondo della propria logica, approfittando della crisi finanziaria.
Tra il 2001 e il 2004, negli Stati Uniti, la crescita del 10 per cento del Pil è stata possibile unicamente perché misure di rilancio dell’attività hanno iniettato nell’economia 15,5 punti di Pil : riduzione dell’imposizione di 2,5 punti del Pil, credito immobiliare passato da 450 a 960 miliardi di dollari ( 1300 prima della crisi del 2007), aumento delle spese pubbliche di 500 miliardi
Un americano su cinque è senza lavoro o sottopagato. Un credito immobiliare su otto sfocia in un pignoramento. Un americano su otto vive di buoni pasto. Ogni mese , circa 120.000 famiglie dichiarano fallimento. La crisi economica ha fatto piazza pulita  di oltre 5.000miliardi di dollari di fondi pensione e risparmi. Parallelamente massicci tagli di bilancio si sono abbattuti su molti servizi pubblici. Almeno 45 Stati hanno tagliato servizi fondamentali per i più deboli : bambini, anziani, portatori di handicap, malati, senza tetto. Per non parlare degli studenti, bersaglio sistematico.
La California ha soppresso un programma di assistenza alle famiglie in stato di necessità : 1,4 milioni di persone, di cui due terzi bambini.Il Maine ha ridotto drasticamente le borse di studio e i fondi per i senza tetto. L’Alabama ha abolito i servizi che permettevano di restare a casa propria piuttosto che andare in casa di cura. Il Michigan,il Nevada, la California e lo Utah hanno soppresso i rimborsi delle spese dentistiche e oftalmologiche ai beneficiari di Madicaid , l’assicurazione sanitaria dei più poveri. Si potrebbe continuare l’elenco.
Il democratico Obama si vanta di avere negoziato il più importante taglio alle spese sociali mai realizzato negli Stati Uniti.. Nel novembre 2010 ha concluso un accordo col Congresso, ormai a maggioranza repubblicana, per prolungare di due anni le riduzioni fiscali concesse da Bush alle fasce più ricche della popolazione, estendendole anche a quelle con un reddito superiore a 250.000 dollari. In cambio di qualche spicciolo ai disoccupati ha regalato 315 miliardi di dollari in due anni ai più ricchi.
Nel 2011 gli USA perdono la valutazione della AAA da parte della agenzia di rating Standard & Poor
Nel febbraio 2011 migliaia di contestatori hanno manifestato, per tre giorni a Madison, capitale del Wisconsin, contro il progetto del governatore, che consentiva di risparmiare 300 milioni di dollari in due anni ( il deficit di bilancio dello Stato è di 5,4 miliardi) , congelando parzialmente, per via legislativa, i salari dei dipendenti pubblici, di ridurre le loro pensioni e di annullare una serie di diritti sindacali, non ultimo degli obiettivi dei politici dell’austerità in tutto il mondo.
Il premio nobel Stiglitz riferisce che l’un per cento della popolazione americana controlla il 40 per cento della ricchezza nazionale, mentre venticinque anni fa il 12 per cento dei più ricchi possedeva il 33 per cento del patrimonio del Paese. Cosa è successo?
E’ successo che quasi tutti i senator e gran parte dei membri del Congresso, appartengono a quell’uno per cento dei più ricchi, assieme ai finanziatori delle loro campagne elettorali.Non c’è da meravigliarsi quindi quando le società farmaceutiche ricevono in dono di mille miliardi di dollari attraverso una legge che proibisce allo Stato, il loro maggior cliente, di negoziare i prezzi di acquisto.
Va così in frantumi il sogno americano, il mito di una nazione, quello dell’eguaglianza.  

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